IL GHIACCIO –
GIUSTO O SBAGLIATO
SE HO MALE?
Con le continue ricerche e pubblicazioni basate sulle evidenze scientifiche è inevitabile che alcune scelte di trattamento per le diverse patologie cambino direzione smentendo alcuni “pilastri” della riabilitazione.
L’uso del ghiaccio negli infortuni rappresenta un esempio perfetto. E’ corretto o scorretto utilizzarlo se mi sono fatto male? Scopriamolo!
Per tantissimi anni il ghiaccio è sempre stato consigliato a seguito di un infortunio (lesioni muscolari, distorsioni, ecc.) e l’obiettivo principale era di ridurre al minimo la risposta infiammatoria nel tentativo di accelerare la guarigione.
Tuttavia, sebbene ancora oggi la letteratura scientifica non metta in discussione il fatto il ghiaccio agisca come analgesico (agente anestetizzante del dolore) raffreddando la temperatura della pelle, l’impatto sui muscoli sottostanti è pressoché inesistente, poiché la temperatura muscolare rimane invariata dalla sua applicazione topica.
Questo spiega perché le persone riferiscano di “sentirsi meglio” dopo averlo utilizzato (almeno a breve termine). Ma quale impatto ha nel medio-lungo termine?
Nel 2014, lo stesso dottor Mirkin (colui che aveva stilato le linee guida internazionali per il recupero da un infortunio) ritirò il ghiaccio dal suo protocollo iniziale (RICE) affermando che “il ghiaccio e il riposo assoluto potrebbero ritardare la guarigione, invece di aiutare”.
La ragione principale risiede nel fatto che il processo infiammatorio (demonizzato in passato), se controllato, ha di per se un effetto benefico per il recupero da un infortuno.
Con il processo infiammatorio vengono rilasciate alcune sostanze fondamentali per la riparazione del tessuto danneggiato, perciò bloccarlo potrebbe essere controproducente nel medio-lungo termine (stessa valutazione andrebbe fatta anche con l’utilizzo dei farmaci anti-infiammatori).
